SEO e Campagne Branding

Per capire quanto incidono le campagne branding (on e offline) sul posizionamento nei motori di ricerca, basta in molti casi studiare il rapporto tra siti web ben posizionati e volumi di ricerca sulle chiavi di brand come il nome dell’azienda o il nome del dominio.

L’anno scorso al Florence Marketing Experience ne abbiamo parlato con Francesco che ha analizzato il concetto di brand building e i modi in cui sbloccare i segnali di rilevanza che Google utilizza per consolidare la visibilità delle aziende sul web rispetto alle le chiavi di ricerca più competitive.

Cerchiamo di conoscere meglio Francesco e capire come è possibile entrare nel mondo della SEO e farne una professione.

Iniziamo col conoscerci meglio: chi sei e cosa fai nella vita?

Sociologo, musicista, scrittore e agricoltore.

Vincitore della caccia al tesoro di Venticano, consulente SEO e occasionalmente formatore, appassionato di un sacco di altre cose.

Quando e come hai iniziato a fare il tuo lavoro?

Ho iniziato a fare SEO alla fine del 2007, in modo assolutamente piratesco e senza curarmi troppo di quel che facevo né dei risultati che avrei ottenuto.

Il mio lavoro valeva poco e costava poco, ma avevo bisogno di buttare le mani, lanciarmi, altrimenti non avrei imparato niente.

Mica pensavi che la SEO si imparasse seguendo un corso?

Da quando hai iniziato a fare questo lavoro i tempi sono molto cambiati. Allora probabilmente non esistevano corsi di studio specifici e, come molti di noi, ti sei formato nel tuo campo da autodidatta o adattando il tuo corso di studi e la tua esperienza a quello che sognavi essere il tuo futuro. Oggi come consiglieresti di iniziare a chi si vuole approcciare al tuo mondo lavorativo?

Lo diciamo fino alle lacrime ormai: apri un sito web e punta a posizionarlo per chiavi mediamente competitive.

Segui le discussioni nelle community online e intervieni chiedendo quel che ti serve senza aver paura che la testa calda di turno ti risponda male.

Se ragioni della SEO come di una disciplina che occorre conoscere intimamente prima di cominciare a praticarla in modo professionale, finirai con l’aspettare tutta la vita di essere pronto. E non lo sarai mai.

Invece di seguire un corso in aula con altre 600 persone, paga un professionista valido per insegnarti privatamente come accidenti si analizza un sito web. Cambia tutto!

Nel tuo speech dell’anno scorso a FMX hai detto che si può aumentare il volume di ricerca sulla “Chiave di Brand” e quindi aumentare il positioning nella SERP indipendentemente dall’ambiguità della chiave stessa.
Puoi farci qualche esempio di chiavi ambigue e di come si può comunque ottenere questo risultato?

Se ad esempio prendiamo (da solo) il termine “Asso”, significa un film con Adriano Celentano, una serie di associazioni professionali e un brand di calzature.
Tanta roba.

Ora, supponendo di lavorare per migliorare il posizionamento del brand di calzature, occorrerà far capire a Google che molte persone cercano “Asso” perché vogliono vedere scarpe e non altro.

Per raggiungere quest’obiettivo occorrerà innescare conversazioni sul brand nelle piazze digitali a tema non precluse alla scansione da parte di Googlebot.

In particolare si menzionerà la chiave di brand insieme a chiavi di ricerca inerenti le calzature.

Questa pratica sarà tanto più efficace quanto più riuscirà a stimolare conversazioni vere degli utenti interessati e li spronerà a fare click sul sito web di Asso Calzature dopo aver cercato semplicemente “Asso” su Google.

Questi segnali sono (tra gli altri) importanti a consolidare il posizionamento organico per le chiavi di ricerca inerenti il segmento di mercato.

Dal tuo intervento si evince che il focus, anche per il brand positioning, è sempre quello di dare all’utente (potenziale cliente) ciò che gli interessa nel momento in cui lo cerca.
Si potrebbe quindi generalizzare dicendo che il web marketing deve dare, in ogni sua sfaccettatura questo tipo di risposta agli utenti. Credi che in Italia, oggi, i web marketer abbiano tutti la tua visione e la applichino nel modo corretto?

 

La domanda è tendenziosa, ma ti perdono, anzi cedo volentieri alla tua provocazione generalizzando in modo spietato 😉

I web marketer “bravi” di oggi, sono spesso più attenti alle logiche del Funnel che a quelle del posizionamento di mercato.

Addirittura i miei colleghi SEO ancora pensano al posizionamento come all’essere primi su Google, per cosa non si sa.

Ma il senso del web marketing, come del marketing in generale, non è la conversione e non è la visibilità nei motori di ricerca o sui social network.

Il senso è fare in modo che un brand divenga Top of mind, cioè sia il primo a venire in mente al pubblico di riferimento rispetto al segmento di mercato in cui si affaccia.

Per raggiungere quest’obiettivo serve un profondo lavoro sui connotati, sulla comunicazione e soprattutto sull’offerta di valore nel tempo.
Occorre investire in questo.

Hai parlato di Comment Marketing per aumentare il volume di ricerca delle chiavi di brand.
Ci fai qualche esempio di Comment Marketing fatto correttamente e, al contrario, di Comment Marketing errato che ha portato effetti negativi invece che positivi?

Si tratta di innescare conversazioni vere da parte di persone potenzialmente interessate in un brand, quindi la prima cosa da fare è individuare le piazze giuste su cui muoversi.

La seconda è sviluppare un commento che aumenti davvero il valore della pagina su cui lo inseriamo, con l’intento di “rubare il lettore” e portarlo sul nostro sito di interesse.

Non sono i link dei commenti a migliorare il posizionamento di per sé, ma il fatto che attirino click, quindi la loro capacità di spostare traffico da un sito a tema verso il nostro.

Come puoi intuire, il modo sbagliato di fare content marketing è il classico spam in cui i siti vengono scelti a caso e i commenti si limitano al più classico “wow, nice post!”.

Nella migliore delle ipotesi è un lavoro inutile.

Proprio all’inizio del tuo intervento dichiari che “i SEO non sono mai d’accordo”, ma ci saranno almeno 3 punti su cui siete tutti allineati…se sì quali?

Ho fatto senza dubbio un’iperbole, ma è sostanzialmente vero che non siamo mai d’accordo, per il semplice fatto che ci muoviamo al buio, seguendo logiche di buon senso che provengono dall’esperienza operativa di ciascuno.

Il problema è appunto che ogni SEO ha una propria esperienza del motore di ricerca, tranne che per aspetti sui quali siamo fortunatamente tutti d’accordo come:

  • la necessità di organizzare la scansione secondo criteri che non disperdano crawl budget
  • l’importanza di puntare sulle performance lato server/client
  • l’ottimizzazione dell’esperienza utente in funzione delle logiche di conversione.

Sociologo, scrittore e musicista. Consulente SEO per aziende e formatore privato. Studia, sperimenta e divulga le sue passioni attraverso il blog seogarden.net e la community Fatti di SEO su Facebook.
Il suo Focus professionale è la semantica applicata ai motori di ricerca.

Francesco Margherita

Consulente e formatore SEO

“Il rischio dell’AI è un po’ il populismo del marketing”, ci fai qualche esempio riguardo a questa tua affermazione?

Populismo significa esaltare il popolo in sé come depositario dei valori della società.

Oggi si fa lo stesso con l’intelligenza artificiale.

Se ogni brand mettesse in mano alla AI la propria strategia, con i corretti dati, ogni strategia sarebbe la stessa.

I dati daranno al brand una soluzione scontata, quella con la probabilità più elevata di successo. Ma sappiamo che i brand sono cigni neri, che nascono quasi sempre dall’improbabilità, dal caso, dall’eccezione.

Ultima domanda: ti piace il tuo lavoro? Lo cambieresti? E, se sì, cosa vorresti fare?

Sì, mi piace e tanto, ma mi piacciono un sacco di altre cose.

Amo trascorrere tempo con la mia famiglia (ho una bambina piccola), amo fare musica e suonare con gli amici.

Tra i miei obiettivi c’è il lavorare sempre meno e godermi la vita, anche rinunciando a fatturare milioni di euro.

Per quanto la SEO sia un mondo affascinante, non può essere divertente occuparsene per tutto il giorno, anzi, svilisce la logica primitiva alla base di tutto, la ricerca della verità.